Il Rating di legalità e compliance aziendale ex D. Lgs. 231/2001: verso una valorizzazione sociale dell’impresa

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Il Rating di legalità e compliance aziendale ex D. Lgs. 231/2001: verso una valorizzazione sociale dell’impresa

Stiamo assistendo ad una sempre maggiore sensibilità sociale d’impresa, un mondo che cambia verso la valorizzazione dei principi di corretta gestione aziendale e di diffusione della cultura della legalità.

In questo scenario si intensifica il dialogo tra rating di legalità e i modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001 che diventano sempre di più uno strumento prezioso per entrare in contatto con le istituzioni e i benefici del fare impresa.

Che cos’è il rating di legalità?

È un sistema di valorizzazione della gestio aziendale, rilasciato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) attraverso l’attribuzione delle famose “stellette” (che fungono da indicatore sintetico del rispetto di elevati standard di legalità, introdotte nell’ordinamento italiano ad opera dell’art. 5-ter del D.L. 1/20123) e che consente all’imprenditore che ne faccia richiesta di accedere a numerosi benefici e agevolazioni per sostenere il proprio business. Parliamo di “responsabilità sociale d’impresa”, un trend sempre in crescita che spinge gli operatori economici del mercato, ispirati dal tenore dell’art. 41 della Costituzione, a tendere al superamento del mero obiettivo di redditualità economica per orientarsi su temi come sicurezza, dignità del lavoro, sostenibilità e legalità.

L’importanza di un’organizzazione aziendale efficace: dalla prevenzione del rischio criminoso all’efficientamento dei processi produttivi

Le imprese orientate al rispetto della ethics compliance, corredate di punteggio di rating, accedono  in termini premiali a benefici con Pubblica Amministrazione (preferenze in graduatoria a parità di punteggio o l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo rispetto a concorrenti sprovvisti di Rating, strumenti nell’accesso a prodotti di finanza agevolata, bandi di gara per la realizzazione di opere pubbliche o per la fornitura di beni e servizi) e di accesso al credito (riduzione della tempistica e degli oneri di competenza nelle richieste di finanziamento o la variazione della determinazione di talune condizioni economiche di erogazione di tali stanziamenti[1]) che nella prassi comportano un notevole vantaggio competitivo sul resto degli operatori economici attivi. Anche i Modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 sono ascritti tra quelle previsioni che sanciscono il principio di adeguatezza della governance aziendale e che concorrono, positivamente, ad aumentare il punteggio in sede di valutazione ai fini dell’attribuzione del rating.  

 

Il modello 231: trait d’union tra rating e performance aziendale

L’introduzione della responsabilità amministrativa – connotata comunque da un indiscusso animo penalistico – per l’azienda ha portato al superamento del brocardo societas delinquere non potest, scardinando un baluardo quasi garantista che prestava il fianco ad una minore sensibilità aziendale in termini di lotta alla criminalità. Oggi, implementare un modello organizzativo di gestione e controllo che rispetti i crismi del D. Lgs. 231 significa svolgere un’analisi proattiva dei processi aziendali, svolta dall’Azienda affiancata da professionisti, che miri a colmare gli inevitabili gap di procedimento che ogni attività aziendale sottende. In questo modo, un’analisi dei rischi che preveda la commissione dei reati presupposto, la redazione di un codice etico al quale agganciare un sistema sanzionatorio interno per il suo mancato rispetto e la costituzione di un Organismo di Vigilanza portano numerosi benefici e costituiscono il kit essenziale per facilitare la concessione del Rating, migliorare la performance aziendale attraverso l’ottimizzazione dei processi (riduzione dei costi e massimizzazione dei profitti) e per ottenere soluzioni premiali di interazione con PA e istituti di credito che garantiscano una grande competitività strategica in un panorama saturo di domanda ma sempre più carente in termini di offerta.



[1] Decreto MEF-MISE 20 febbraio 2014, n. 57

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