La distinzione tra vaccinazione obbligatoria o consigliata non ha pregio, inoltre, neppure sul piano scientifico. In questi termini la Corte costituzionale si è espressa ripetutamente, anche di recente, osservando come “nell’orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo” (Corte cost. n. 118/2020, v. anche n. 268/2017).
I vaccini raccomandati non sono, dunque, meno importanti di quelli obbligatori. Ed il diverso regime giuridico non discende da una graduazione di importanza, e quindi da un maggiore o minore interesse pubblico alla loro diffusione a tutela della salute pubblica e privata, ma da un diverso atteggiamento strategico della sanità pubblica, che, a secondo dei contesti storici, ritiene di basare il raggiungimento degli obiettivi prefissati con la campagna vaccinale sull’informazione e sulla persuasione, piuttosto che sulle sanzioni di natura amministrativa o penale. Rimane il fatto che si tratta di vaccinazioni non meno necessarie, né più pericolose, di quelle obbligatorie, dalle quali si distinguono solo per ragioni storiche e non scientifiche.* Sono le giuste considerazioni espresse da G. Altieri, I rimedi giurisduzionali contro la “esitazione vaccinale”, in Questione giustizia on line, https://www.questionegiustizia.it/articolo/i-rimedi-giurisdizionali-contro-la -esitazione-vaccinale_10-12-2015.php
Vero è che, come tempestivamente osservato, in questa fase, considerato il
contingentamento in atto delle vaccinazioni, sembrerebbe più pressante ed urgente il
dibattito sul diritto di ogni cittadino di vaccinarsi, sulle priorità nell’accesso
al vaccino, sulle responsabilità pubbliche nella gestione dei piani sanitari. *N.
Rossi, il diritto di vaccinarsi. Criteri di priorità e ruolo del Parlamento, in
Questione Giustizia on line, https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-diritto-di-vaccinarsi-criteri-di-priorità-e-ruolo-del-parlamento.
Mentre è in corso il dibattito sulla obbligatorietà o meno della
vaccinazione anticovid restano senza adeguata risposta altri, più cruciali e
certamente più pressanti interrogativi: chi deciderà le priorità di accesso ai
vaccini e con quali strumenti?
Ma è anche vero che il tema della somministrazione del vaccino già solleva accese discussioni e conflitti; ed esso si pone in modo peculiare nell’ambito rapporto di lavoro rispetto alla generalità dei cittadini, richiedendo quindi una specifica trattazione.
L’emergenza epidemiologica ha messo in luce l’indispensabilità ed al tempo stesso la rischiosità del lavoro: quello di cura di medici, infermieri; quello invisibile di assistenti e badanti a domicilio; ma anche di quello labour intensive e massificato degli operatori della distribuzione, della logistica o del delivery.
Abbiamo imparato a riconoscere, anche attraverso i volti, come i problemi della salute, dell’ambiente, del lavoro andrebbero riguardati insieme, in un’unica dimensione. Abbiamo visto come i luoghi, i tempi e i modi con cui il lavoro viene reso interagiscono con tutti gli altri diritti fondamentali; e come, senza la sicurezza di chi lavora, non si possa garantire nemmeno il diritto alla salute, di nessuno. La sicurezza sul lavoro emerge sempre più come condizione necessaria (ancorché insufficiente) per garantire la salute collettiva. *Cfr. P. Albi, Sicurezza sul lavoro e responsabilità del datore nella fase della pandemia, in Illavoro nella giurisprudenza, 2020, pp. 1117 e ss.
Non si può parlare quindi del prevalente diritto al vaccino senza parlare, prioritariamente, del lavoro che serve per renderlo effettivo.
Lo vediamo in questi giorni. Occorre somministrare il vaccino, prima possibile, ad
una cinquantina di milioni di italiani. E’ pressante la necessità di attrezzare i
luoghi ed intensificare i ritmi. E vengono varati bandi straordinari: per reclutare
medici, infermieri e assistenti che dovranno contribuire all’attuazione del piano
vaccinale nelle 1.500 strutture distribuite su tutto il territorio
nazionale.
La questione della necessità del vaccino all’interno del rapporto di lavoro ha quindi
vaste implicazioni etiche e giuridiche; e richiede al giurista uno sforzo
ricostruttivo che, abbandonato ogni pregiudizio ideologico ed emotivo, passa
attraverso le norme di legge che innervano il sistema di sicurezza. Norme che
occorre mettere in fila, tenendo presente il principio di prevenzione che ha assunto
un ruolo sempre più centrale non solo nella funzione economico sociale del contratto
di lavoro ma anche in una dimensione collettiva, nella disciplina di ogni rapporto
umano e sociale. A. Viscomi, Prefazione a S. Buoso, Il principio di prevenzione e
sicurezza sul lavoro, 2020.
di Roberto Riverso, consigliere della Corte
di cassazione
L'approfondimento proseguirà con maggio dettagli
nelle prossime news.